L’Art nouveau
Il termine Art nouveau apparì per la prima volta nel 1894 sulla rivista belga L’Art moderne, per descrivere le opere artistiche dell’architetto belga Henry van de Velde.
L’Art nouveau si diffuse in Europa e negli Stati Uniti tra il 1890 e il 1910 (soprattutto nei paesi dove era in atto la rivoluzione industriale), con nomi diversi:
- Francia, Belgio e USA: Art Nouveau
- Italia: Stile floreale e Liberty (dall’Emporio di arredamento “Liberty” aperto a Londra nel 1875)
- Svizzera: Style Sapin
- Inghilterra: Modern style
- Spagna: Modernismo e Arte Joven
- Germania: Jugendstil (Stile giovane)
- Austria: Sezessionstil
Il movimento aveva alcune caratteristiche costanti: motivi naturalistici (fiori e animali) e stilistici, e l’uso di ritmi impostati sulla curva e sulle spirali.
L’estetica della nuova arte si può riassumere in un’ornamentazione urbana che contribuì a ingentilire l’ambiente.
La fondamentale critica è stata quella di essere pura decorazione, ma quel nuovo gusto era intenzionalmente uno stile “ornamentale”.
L’esordio dell’Art nouveau in Italia coincise con l’esposizione di Torino del 1902 e diventò il primo stile dell’Italia unita.
Le città moderne
Lo sviluppo industriale e il conseguente sviluppo urbanistico fu gestito dalla società borghese con la costruzione all’interno del centro abitato di palazzi misti fra residenza e spazi commerciali. Ma è nei villini che la borghesia fissò la propria residenza.
In molte città emiliane, in nome del progresso, furono abbattute le antiche mura e realizzati i viali di circonvallazione, al di fuori dei quali furono costruiti villini con piccoli giardini, disposti lungo strade tranquille e alberate, e parchi pubblici.
Oltre ai luoghi di passeggio, si svilupparono in questo periodo i luoghi per l’igiene e la cura del corpo come le terme (Bagni di Porretta, le Terme di Salvarola a Sassuolo, Salsomaggiore…), e i bagni pubblici e alberghi diurni.
Si trattava di luoghi pubblici dedicati all’igiene personale: ci si poteva fare un bagno, una doccia, la pedicure e la manicure, ma erano anche presenti barbieri e parrucchieri, le terme, la lavanderia, i calzolai, i lustrascarpe. Fungevano anche da luogo d’incontro per rilassarsi e socializzare.
Questi luoghi erano a disposizione di chi non aveva servizi igienici in casa, o di viaggiatori e turisti di passaggio. Bisogna, infatti, tener presente che a inizio ‘900 non tutti avevano il bagno nella propria abitazione. Il primo albergo diurno di cui abbiamo notizia è quello aperto a Bologna, nel 1911, per merito dell’imprenditore Cobianchi che ne aveva visti molti nella metropolitana di Londra. Da Bologna presero poi esempio altre città della penisola come Milano, Palermo, Roma, Napoli, Parma, Pisa e Bari.
Gli alberghi diurni erano dei veri capolavori: spazi raffinati arredati in stile liberty, curati nei minimi dettagli, con materiali pregiatissimi e all’ultima moda, finiture di lusso, specchi, vetri e ceramiche pregiate, rubinetterie in ottone e pavimenti in ceramica o in marmo.
A Bologna cambiarono configurazione anche i luoghi di ritrovo e consumazione come i caffè-pasticceria (Majani), e i luoghi di ritrovo e spettacolo come i café-chantant (Teatro Eden Kursaal – oggi “I portici”).


Bologna moderna
L’Unità d’Italia portò a Bologna un grande fervore. Uno degli eventi più significativi di questo processo di modernizzazione fu la realizzazione della via nuova che conduce alla stazione (l’odierna via Indipendenza), iniziata nel 1861 con la costruzione di una serie di edifici in stile neo-rinascimentale e il Parco della Montagnola.


Anche l’asse Ugo Bassi-Rizzoli fu coinvolta in questo processo di modernizzazione e trasformazione.


Se le Esposizioni Universali avevano portato in tutta Europa i progressi dell’Ingegneria e la circolazione di nuove idee, l’esposizione emiliana tenutasi a Bologna nel 1888 rappresentò l’evento che avrebbe traghettato la città nel XX secolo. Nei Giardini Margherita, per l’occasione, fu installata la fontana di Diego Sarti, collocata poi nel 1935 al centro del Parco della Montagnola, costituita da una vasca con al centro tre tartarughe e 4 gruppi scultorei rappresentanti leoni e sirene.


Un’altra data importante per l’arrivo della modernità a Bologna è il 1889, anno in cui Bologna adottò il Piano regolatore del 1889.
Il Liberty e la “civiltà del villino” a Bologna
I nuovi edifici erano decorati, attraverso fregi, dipinti o ceramiche, con motivi floreali, ghirlande, intrecci e spirali attorno a finestre, archi, porte, cancelli e balconcini a ringhiera. Le vetrate, disegnate e colorate. Altro elemento architettonico erano le torrette.
Gli esempi più interessanti della civiltà del villino si sgranarono lungo la fascia risultata dall’abbattimento delle mura. La nuova borghesia, non trovando la propria collocazione nel centro storico, spesso degradato e non ancora ristrutturato, si trasferì nei terreni fuori porta.
La lottizzazione di Paolo Sironi fuori Porta Sant’Isaia, in particolare via Audinot, è una delle aree più rappresentative della Bologna moderna.


























Paolo Sironi, nato a Milano, si trasferì presto a Parigi. Al suo rientro, fondò l’impresa di costruzioni “Paolo Sironi – Edilizia moderna”. Nel 1898 si trasferì a Bologna. Con il disegno di pensiline, insegne in ferro battuto, e cimase scolpite, il versatile progettista creò oggetti di arredo urbano. Nel 1904 acquistò il vasto appezzamento di terreno fuori Porta Sant’Isaia, aprendo la strada a un esperimento di città-giardino, un po’ più popolare di quella che si stava formando fuori Porta Santo Stefano.
Tra le altre aree interessate ci furono quelle di viale Carducci-via Guinizelli-Dante, e viale Gozzadini-Panzacchi-via Castiglione fuori le mura.











Altri villini:




Pregevoli esempi del Liberty bolognese
Decorazioni Casa Stagni (Canton de’ Fiori), via dell’Indipendenza 1 (Arch. Augusto Sezanne)
È un tipico esempio di Liberty bolognese iniziale, meglio detto floreale.







Decorazioni portici, piazza Cavour/via Farini

Monumento a Carducci, piazza Carducci 5 (Leonardo Bistolfi)

Palazzina dei Giardini Margherita (Ex café-restaurant)

Palazzo Alberani – Casa-bottega Farmacia, via Farini 19 (Ing. Ettore Lambertini)
La figura femminile rappresenta la Scienza
Palazzo Ronzani, via Rizzoli 1/3 (Arch. Gualtiero Pontoni)
- Cinema Teatro Modernissimo
- Ex Profumeria Goselli (Arch. Paolo Sironi)
È nei dettagli ornamentali che si possono leggere motivi liberty, più che nel generale mastodontico impianto dell’edificio.







Casa Barilli – Ex Grandi Magazzini Barilli, via Rizzoli 16 (Arch. Leonida Bertolazzi)

Bronzi, Palazzo d’Accursio (Giuseppe Romagnoli)

Pensilina Ex Pasticceria Rovinazzi, via D’Azeglio 34 (Sante Mingazzi)
Particolare di una sala interna
Mercato delle Erbe, via U. Bassi 25


Palazzina Majani – Ex Fabbrica di cioccolata, via Indipendenza 4 (Arch. Augusto Sezanne)

Casa Sanguinetti, via Irnerio 35-39 (Ing. Ettore Lambertini)

Ex Manifattura Tabacchi, via Riva Reno 72

Ospedale Gozzadini, via Massarenti 11 (Arch. Leonida Bertolazzi)





Palazzina Crespi, via Matteotti 21 (Ing. Giulio Marcovigi)

Il ferro battuto
A Bologna la lavorazione del ferro battuto era molto quotata in tutta Europa. Famosissima l’Officina di Sante Mingazzi, che realizzò gran parte degli elementi decorativi per gli edifici costruiti dall’architetto Paolo Sironi, fuori Porta Sant’Isaia.

Chiosco, via IV novembre

Orologio, via de’ Carbonesi-via Val d’Aposa (Alfredo Tartarini)

Lampione, Palazzo Re Enzo (installato da Alfonso Rubbiani)
















Le arti grafiche
La belle époque bolognese ebbe anche ottimi illustratori. Bologna era unica in Italia sia per numero di artisti grafici (pensiamo alle diverse officine tipografiche), sia per qualità dei prodotti (manifesti, locandine, cartoline…).
(foto dal web)
Gli itinerari di Barbara
Riassunto da: Erica Landucci, Passeggiata nel Liberty bolognese, Casa Editrice Persiani, Bologna, 2020.
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