Il Rifugio antiaereo “Vittorio Putti” fu l’unico esempio, a Bologna, di architettura ospedaliera militare in galleria realizzato durante la Seconda Guerra Mondiale. Costruito a supporto dell’Ospedale Ortopedico omonimo è ancora oggi il solo ricovero cittadino totalmente recuperato e interamente visitabile. Qui trovarono riparo soprattutto i soldati feriti, in attesa di interventi ricostruttivi dell’apparato scheletrico/motorio o in degenza post operatoria.

Grazie allo straordinario impegno di Bologna sotterranea® / Amici delle vie d’acqua e dei sotterranei di Bologna, è stato riportato alla luce e, grazie anche alle ottime condizioni strutturali, viene tenuto in vita attraverso eventi, mostre e visite guidate.

L’eccellente lavoro di recupero e di ricostruzione ambientale del Rifugio ci restituisce un’altra porzione di storia di Bologna difficilmente immaginabile alla luce del sole, una memoria altrimenti sepolta e cancellata, in massima parte, dal tempo e dalle successive trasformazioni della città.
Una volta saliti alla villa e al Collegio Ecclesiastico, lasciamo alle spalle gli edifici per inoltrarci nel bellissimo viale di bagolari:

(ex ingresso 2° lotto poi murato)


Per apprezzare al meglio il paziente e faticoso lavoro svolto da alcuni volontari di Bologna sotterranea®, terminato nel 2020, dopo sei anni, prendiamo a prestito le parole di Massimo Brunelli, vicepresidente dell’associazione, tratte dal bel volume Sul colle di Villa Revedin, AA.VV., ed. Ante Quem, 2019 (pag. 56):









Nel tempo sono state apportate ulteriori migliorie all’ambiente sotterraneo attraverso l’aggiunta di oggetti d’epoca e pannelli descrittivi.
Il finto ordigno che si incontra durante le visite (sopra, prima foto) è la ricostruzione di una bomba dal peso medio di 150 kg. A questi distruttivi manufatti sono stati legati gli ultimi 256 secondi di vita di molte persone. Poco più di 4 minuti dal momento dell’allarme alla sua deflagrazione.
I bombardamenti aerei
Dal 16 luglio 1943 Bologna divenne uno degli obbiettivi principali dell’aviazione alleata per la presenza di tre importanti bersagli:
1) la stazione di trasformazione e smistamento dell’energia elettrica del quartiere Santa Viola, raccordo principale per le linee elettriche che collegavano l’Italia centro-settentrionale.
2) La stazione ferroviaria, fondamentale per lo smistamento delle merci e rifornimenti militari.
3) L’importantissimo nodo stradale, anch’esso cruciale per il trasporto di mezzi e truppe tedesche attraverso l’Italia.

Su 94 incursioni alleate subite dalla città si contarono molti bombardamenti pesanti. Il più sanguinoso avvenne il 25 settembre 1943 quando, per una cattiva gestione dell’allarme, i cittadini furono sorpresi all’aperto. L’incursione provocò 1.033 vittime.
Ripari e ricoveri per la popolazione
Siccome la “Grande Guerra” (1914-18) nulla aveva insegnato alle potenze europee, negli anni ’30 si tornò a respirare aria di un nuovo conflitto. Ciascun paese iniziò a costruire linee difensive lungo i propri confini. Nel 1933 l’Italia emanò le prime disposizioni per l’incolumità della popolazione. I lavori si protrassero per anni, ricavando spazi in base a quanto offerto dalla città.
I ricoveri furono raggruppati in due principali categorie:
1) Rifugi anticrollo
2) Rifugi in galleria.
1) I rifugi anticrollo erano strutturati per sostenere il peso del palazzo soprastante in caso di cedimento, caduta parziale o totale a seguito di scoppio dovuto a bombardamento. Erano ricavati in edifici privati, scuole ed edifici pubblici. Si rafforzavano puntellando seminterrati e cantine con strutture di legno oppure cemento armato quando si trovava.
Vi erano ulteriori classificazioni a seconda della condizione e/o dello stato di manutenzione del singolo manufatto: Ottimi o Perfetti, Molto Buoni, Buoni.
Gli “anticrollo” si dividevano a loro volta tra quelli di “Circostanza”, “Pubblici”, “Scolastici”, “Collettivi”, “Industriali”, “Casalinghi”, “Individuali” e “Singoli”.
2) I rifugi in galleria interessavano soprattutto la prima fascia collinare, oltre i viali di circonvallazione. Realizzati in massima parte dall’Amministrazione comunale, per conto e a spese dello Stato, potevano resistere ai dispositivi più potenti e al “colpo in pieno” (solo in teoria). Avevano rivestimenti di mattone o misti roccia/mattone. I più grandi potevano contenere migliaia di persone. La sicurezza era data dal notevole spessore di terra (o altro materiale), in alcuni casi sino a 30 metri, che veniva a trovarsi al di sopra della struttura.
Il Rifugio del Pincio oppure quello, lunghissimo, tra Porta San Vitale e Porta Maggiore ne erano i più lampanti esempi.
Nel complesso, la città poté contare su oltre 8000 forme diverse di riparo.
Rifugi in galleria (i più sicuri)

Quelli scavati e rivestiti in muratura non richiedevano l’uso eccessivo del cemento o di ferro, scarseggiante per motivi bellici.
Dei 42 ritrovati da Bologna sotterranea®, 7 si trovavano entro la cinta muraria, laddove i piccoli rilievi del terreno ne consentivano gli scavi.
Fra questi rientravano quelli della Montagnola, del giardino di villa Carducci, del Giardino del Guasto e del Parco di villa Spada.
I restanti furono ricavati nelle zone collinari a sud della città, nei terreni di antiche residenze come, nel nostro caso, quello di Villa Revedin.
Il 27 marzo del 1941 ebbe inizio, all’interno dell’attiguo Seminario Arcivescovile, l’attività del Centro Ortopedico e Mutilati “Vittorio Putti”, quale reparto specializzato di chirurgia degli organi di movimento e succursale dell’Ospedale Militare di Bologna, situato in via dell’Abbadia, ormai divenuto insufficiente per le centinaia di gravi feriti che rientravano dai vari fronti d’Europa e dalle disastrose campagne invernali di Grecia e Albania.
La struttura religiosa ospitò il reparto ortopedico fino al 1955.
Rifugio Putti, Primo e Secondo Lotto

L’antica cava di arenaria, terminato l’utilizzo estrattivo, venne trasformata nei secoli successivi in luogo di culto. Al Primo Lotto, iniziato nel 1944, ne fu aggiunto un secondo verso la fine dello stesso anno andando ad ampliare la capacità ricettiva e inserendo un terzo imbocco realizzato nei pressi dell’ospedale. La sua maggiore vicinanza al sanatorio, in caso di attacchi aerei, facilitò l’accoglienza dei militari feriti o mutilati e del personale ospedaliero.
Il rifugio, attraverso il Secondo Lotto, poté inoltre garantire anche interventi chirurgici di emergenza grazie alla creazione di una sala operatoria, di un’infermeria e al posizionamento di ben 82 barelle per i militari in degenza o in attesa di essere curati.



I rifugi in galleria dovevano disporre anche di uscite di sicurezza, sbocchi verticali per la ventilazione e servizi igienici. In foto un esempio (Primo Lotto):


Spesso, i rifugi in galleria si trasformarono in residenze permanenti per gli sventurati che non ritrovavano più la propria casa dopo i bombardamenti.
Ancora nel Primo Lotto:
1) Cava di arenaria e relative stratificazioni geologiche.
2) Incisione di un carabiniere (1943).


Oltre alla parte della cava conservata nel suo antico aspetto, il Primo Lotto del rifugio presenta ulteriori punti di interesse: una nicchia votiva dedicata alla Beata Vergine di San Luca e una grotta interamente rivestita con lastre di arenaria conficcate nei fianchi e nella volta del terreno soprastante e laterale.
Le origini sono incerte anche se il gusto estetico suggerirebbe quello diffuso nelle residenze signorili dell’Ottocento.
Qui abbiamo un solido esempio di radicale trasformazione di un ambiente antico in uso sia votivo (all’ingresso della grotta vi era una grande statua della Madonna di Lourdes), sia di delizie estive.





Dove trovare un riparo? Le segnalazioni distintive

Oggi, le poche segnalazioni distintive sopravvissute sugli edifici sfuggono alla nostra attenzione, ma nel periodo del secondo conflitto bellico significarono un’opportunità di salvezza per la popolazione.
Rifugio, Cisterna, Idrante, punto di Ventilazione, UScita…
Quanti sanno ancora riconoscerne il significato e la funzione vitale?





Quando “scappare”? La sirena salvata
Il ricordo del suono tremendo degli allarmi vive ancora nel ricordo dei sopravvissuti. Molti di noi lo hanno invece conosciuto solo attraverso il cinema. Da salvatrice a salvata, grazie a Bologna sotterranea®, questa è l’ultima sirena sopravvissuta e ha trovato la sua nuova allocazione all’ingresso del rifugio.

Dal 2020, in circostanze fortunatamente più felici, torna a fare sentire la sua voce nei giorni delle Commemorazioni, come, per esempio, il 25 aprile o il 2 giugno, segnalando con un acuto prolungato il Mezzogiorno.
Volutamente in quelle occasioni viene tolto il sistema Morse per impedire il suono altalenante tipico dell’allarme antiaereo.
La possiamo sentire al minuto 9:10 di questo video.
Vittorio Putti (1880-1940) e Oscar Scaglietti (1906-1993)
Medico e innovatore della chirurgia ortopedica, Vittorio Putti divenne direttore dell’Istituto Ortopedico Rizzoli nel 1915, contribuendo a rendere l’ospedale un centro di fama internazionale. Fra i suoi molti meriti professionali rientra quello di avere potenziato il laboratorio delle Officine Ortopediche per la costruzione di arti artificiali e protesi per mutilati di guerra e civili.

Il Comandante della struttura “Putti” era Oscar Scaglietti già chirurgo dell’Ospedale Rizzoli e allievo del Putti stesso.
Chiusa la Sezione Ortopedica militare tutta l’attrezzatura confluì in quella che sarebbe poi diventata una delle Case di Cura più importanti e rinomate, Villa Salus, voluta e fondata proprio da Scaglietti.
Stefania Ferrini
Un sentito GRAZIE all’infaticabile Massimo Brunelli di Bologna sotterranea® per la cortesia, la disponibilità e il prezioso supporto ricevuto durante la preparazione di questo articolo.
Rispondi