I burattini a Bologna e la sua antica tradizione


A Bologna, centro direttivo della Commedia dell’Arte italiana e da secoli sede dell’Università, il teatrino dei burattini diventa una moda a metà del ‘700. Alle maschere della Commedia dell’Arte si aggiungono i burattini, senza maschera, il cui linguaggio è più vicino al contemporaneo.

Poche altre città d’Italia vantano l’antichità della scuola bolognese e la sua continuità, tra queste si possono citare Bergamo e Napoli.

Gli spazi tipici dove si esibivano le compagnie a Bologna con le baracche fisse, per la cosiddetta stagione, furono principalmente: piazza Nettuno, piazza della Pioggia, piazza 8 agosto, largo Respighi, piazza di Porta d’Azeglio, piazza San Francesco, piazza Volta e piazza Trento Trieste.

Grazie all’accoglienza di Riccardo Pazzaglia, maestro burattinaio e fondatore dell’Associazione Burattini a Bologna, ho avuto la fortuna di addentrarmi nel mondo di questa antica arte che avevo conosciuto durante gli anni della mia infanzia e adolescenza e a cui desideravo da tempo dedicare un articolo.

Riccardo ha iniziato giovanissimo ad avvicinarsi al mondo dell’arte e dei burattini bolognesi, tanto che nell’ambiente era noto come ‘Riccardino’. Era il giugno del 1991 quando ebbe occasione di debuttare, ancora undicenne, nel “Don Giovanni” di Wolfgang Amadeus Mozart, spettacolo per burattini, attori e nastro magnetico.
Da quel momento non ha mai più lasciato i burattini, tanto che lui stesso si definisce ‘burattinaio per vocazione’.

Successivamente al suo esordio frequenta la bottega e il teatro di Demetrio ‘Nino’ Presini (1918-2002) divenendone l’ultimo allievo.

Dopo aver conseguito il diploma di scenografo maestro d’arte all’Accademia di Belle Arti di Bologna, avvia un percorso artistico il cui obiettivo primario è la rinascita del teatro dei burattini classici bolognesi.

Riccardo già dal 2007 elabora l’idea di ‘Burattini a Bologna’, un format legato alla rinascita del burattino in ambito locale, che nel 2018 si struttura in Associazione di Promozione Sociale.

Sempre in quell’anno, Riccardo pubblica il libro “Burattini a Bologna”, illustrato da Wolfango.

Riccardo con il suo libro…

In occasione del suo trentennale, la città lo ha celebrato con riconoscimenti importanti: il “Nettuno d’Oro” rilasciato da Lions Club Bologna e la “Turrita d’Argento” dal Comune di Bologna.

Quello di Riccardo è un percorso preciso volto alla salvaguardia e alla divulgazione di questo fenomeno che a Bologna si è manifestato in maniera esponenziale non solo come teatro di figura e come folclore. Appassionato di musica lirica, la musica entra nei suoi spettacoli.

Il suo burattino non è un burattino qualsiasi, è un burattino ‘classico’, cioè con la testa di legno, che si anima infilando la mano all’interno del vestito di stoffa e che parla il dialetto.

L’Associazione “Burattini di Riccardo” svolge molteplici attività: spettacoli, laboratori didattici, attività di formazione, conferenze, mostre, attività con le scuole (per investire sulle nuove generazioni)… L’Associazione dispone, inoltre, di un laboratorio (di intaglio, pittura e sartoria) con mostra permanente, in cui è possibile scoprire come nascono i personaggi che popolano le storie.

La struttura del teatrino si presenta come un parallelepipedo diviso nella parte frontale dalla cosiddetta ribalta, una specie di mensola posizionata a una certa distanza da terra. La parte inferiore è pensata per coprire i burattinai e contiene una seconda ribalta che serve per appendere i burattini a testa in giù per mezzo di anelli o ganci cuciti nel fondo degli abiti dei personaggi. Su questa ribalta di servizio sono appoggiati anche gli arnesi previsti nello spettacolo: bastoni, scope, spade e fucili pronti all’uso, e il leggio che di volta in volta accoglie i vari copioni.

Il teatrino a Palazzo di Accursio (Foto di Burattini a Bologna)

Il “sipario”, aprendosi, rende visibile un’apertura chiamata “boccascena”. Al suo interno esistono vari ordini di “quinte” e i “fondali”, cioè le scenografie, realizzate con fogli di carta o teli di stoffa dipinti.

La storia del teatro dei burattini a Bologna è legata alla memoria di due celebri burattinai, Filippo e Angelo Cuccoli. Filippo Cuccoli (nato a Bologna nel 1806) inizia la professione di burattinaio, dando rappresentazioni in piazza Maggiore fin dal 1831. Il figlio Angelo continuò la tradizione del padre, e con fine intuito e grande successo diede spettacoli sino al 1903. La famiglia Cuccoli deliziò Bologna per 72 anni di rappresentazioni, e lasciò alla città il detto “finîr int al panirån ed Cúccoli” (cioè nel dimenticatoio), un cestone di vimini dove, dopo gli spettacoli, venivano riposti alla rinfusa i suoi intramontabili eroi di legno. I Cuccoli definirono meglio il carattere di Fagiolino che riprende quello del “birichino” bolognese. Perché, per l’esattezza, la creazione si attribuisce al precedente burattinaio Cavallazzi. Con la morte dei Cuccoli comunque non finì il teatro dei burattini, anzi seguirono tanti altri maestri fra i quali è giusto ricordare Augusto Galli (padre di Sganapino), Gualtiero Mandrioli, Febo Vignoli, Demetrio Presini, Romano Danielli.

Con la prima guerra mondiale muore l’epoca dei burattini.
Sarà Augusto Galli a far rinascere il burattino bolognese, che si ingrandirà con le baracche e che darà spettacoli in varie piazze bolognesi.

A partire dagli anni ‘50 sarà Demetrio Presini, erede di Gualtiero Mandrioli, con il quale ha cominciato nel 1950, a continuare la tradizione. Presini è un ottimo Sganapino. Si costruisce da solo i burattini e riprende i copioni dai famosi Cuccoli. Dopo aver recitato in varie piazze di Bologna, nel 1976 apre, nell’ex Sala Borsa di Palazzo d’Accursio, il “Teatrén di Buratén”, primo e forse unico teatro stabile dei burattini, la cui attività durerà 14 anni, fino al 1990.

Nel 2018, per il centenario della nascita di Presini, Riccardo Pazzaglia, suo erede, riporterà in Sala Borsa il “Teatrén” e allestirà una mostra di burattini e foto in suo onore.

Balanzone (Dutåur Balanzån)

La figura del dottor Balanzone è la grossolana caricatura della presunzione dei dotti. Nato come personaggio serioso, è spesso vittima di intrighi o di situazioni talmente paradossali che lo allontanano dall’austerità dottorale e lo riducono a personaggio ridicolo al pari di un buffone. Presuntuoso e ciarliero, si ritiene onnisciente, lui stesso si definisce: buon grammatico, miglior umanista, perfetto retorico, sottile logico, profondo giurista, ottimo medico, perspicace filosofo, appassionante storico, valente fisico… Satira dei dottori dell’Alma Mater Studiorum Bononiensis che infarcirono i loro discorsi di paroloni per ostentare la loro supremazia culturale, Balanzone è famoso per le sue “tirate”, eterni monologhi, dove al dialetto si alternano l’italiano aulico e qualche sprazzo di latino. Diviene così l’anziano studioso sempre pronto a dispensare saggi consigli in maniera altisonante. La sua agiatezza economica di alto borghese, che gli ha permesso lo studio rappresentando Bologna la dotta, gli consente non solo di mangiare, ma anche di assaggiare a suo piacimento le molteplici leccornie della cucina emiliana, incarnando così anche lo spirito di Bologna “la grassa”. Il nome Balanzone può derivare dal termine bolognese “bâla”, cioè bugia, frottola, o da “balanza”, bilancia, in riferimento al simbolo della Giustizia, non a caso la facoltà di giurisprudenza è la più antica dell’Università di Bologna.

La vera origine del personaggio si perde lontano nel tempo, tra gli “zanni”, dove pare che ve ne fosse uno con questo nome. Come burattino, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.
La popolarità di Fagiolino andò in seguito accentuandosi grazie all’attività di Angelo Cuccoli che lo riprese e lo fece divenire elemento imprescindibile del teatro burattinesco.
Il burattino rappresenta “al birichén” (il birichino), monello scaltro e audace dei bassifondi della Bologna ottocentesca, sempre affamato, protettore dei deboli e bastonatore inesorabile dei prepotenti e dei tiranni. Sempre pronto a vivere ogni avventura, incarna eroismo, saggezza popolare e buonumore. Fagiolino, da buon bolognese, è calcolatamente in bilico tra molte contraddizioni: può deridere i preti, parlare con un linguaggio non troppo castigato concedendosi colorite licenze poetiche degne delle più infime osterie… ma poi teme il diavolo e si fa il segno della croce, bastona tiranni e streghe, salva donzelle e resuscita morti.
Gradualmente cresce, emancipandosi e divenendo, in alcuni copioni, un maturo padre di famiglia. Tra le sue principali attività lo troviamo impegnato in quelle di solfanaio, di facchino appartenente alla fazione della “Balla Grossa” e, all’occorrenza, anche mangiatore di gatti.
Lo si può trovare sposato con Isabella, che lui chiama “Briṡabèla” (non bella).
Il bastone che porta sempre con sé assomiglia molto a un matterello, l’utensile indispensabile per fare la sfoglia, quindi le tagliatelle, che tanto ama mangiare. Nero di capelli, ha un evidente neo sulla guancia destra, forse un modo per scimmiottare l’usanza dei nobili del tempo. Il suo nome completo è Faṡulén Fanfàn o Fanfàni.

Flemma fu creato burattino del 1875 da Angelo Cuccoli, per affiancarlo sulla scena a Fagiolino. Flemma porta il nome adeguato alla sua caratteristica, la lentezza appunto, che egli manifesta sia nel ragionare, sia nel movimento, sia nel linguaggio. Flemma è il tipico “cinno”, cioè ragazzo bolognese, un po’ sciocco, lento, piagnucoloso, ottuso, sempre vittima degli scherzi altrui. Ha un volto magro e pallido ed è sdentato. Si esprime con voce fioca nasale, a sottintendere un perenne raffreddore, infatti spesso si trova con il moccio al naso, che da solo non è capace di pulire. A differenza di altri personaggi, non si è mai sposato, è infatti mammone e scapolo ad oltranza e vive con la vecchia mamma che lo nutre a base di castagnacci di cui è ghiottissimo. Indolente e dispettoso, ha l’abitudine di minacciare i suoi nemici veri o presunti con un grosso ago da materassaio.

Sganapino (Sganapén)

Nasce a Bologna direttamente come burattino, ideato da Augusto Galli nel 1877 come personaggio da affiancare a Fagiolino, poiché la precedente creazione di Flemma ad opera di Angelo Cuccoli non era risultata efficace.
Sganapino, dalla sua prima comparsa nel casotto bolognese che non ha mai abbandonato, forma con Fagiolino la coppia di due moderni “Primo e Secondo Zanni” che si confermeranno nel capoluogo emiliano come vere e proprie maschere, anche se nate con la testa di legno.
Sganapino è grande amico di Fagiolino, ma non ha lo stesso carattere: è il tipico antieroe, ingenuo e tutt’altro che coraggioso.
Col tempo, apprezzato per le sue doti di semplicità e di simpatia, diverrà in certi casi anche protagonista.
Il nome Sganapino, in dialetto “Ṡganapén”, può derivare dalla storpiatura del termine dialettale “canâpia” (naso prominente) in riferimento al lungo naso che si ritrova, oppure dall’antico “ṡganapèr” (divorare voracemente).
A differenza dell’amico Fagiolino, si difende con la scopa per battere e spazzare via importuni avversari. Meno drastica del più classico e burattinesco bastone, la scopa sembra indicare il limite di ogni controversia, limite che si apparenta con l’indulgenza. Il suo carattere, infatti, è un misto di ingenuità e tardiva furbizia. È sempre pronto ad avanzare dubbi davanti alle cose insensate, poiché quella malizia che in fondo possiede, generalmente lo salva. Lo avvolge sovente un alone di mistero dovuto a una emotività lunare e lunatica.
Biondo-rosso di capelli, occhi azzurri, ha un lungo naso all’insù.
Si esprime nel parlare con la cattiva pronuncia della “s” che in lui suona come una “z”, difetto di pronuncia che a Bologna viene definito “suzizèr“. Oggi esprime con voce squillante di testa, o in falsetto, frasi in italiano piene di spropositi che intermezza con risate argentine ed esclamazioni, creando giochetti di voce.

Non è un segreto, tutti i principali caratteri del casotto hanno delle compagne: di tutte Isabella è certo la più nota. Trattasi della moglie di Fagiolino che lui conquista con un’improbabile serenata. Trascorso un lungo fidanzamento si sposano. Dopo il matrimonio, per innervosirla il marito la chiamerà spesso “Brisabella” (“brîsa bèla“, non bella in dialetto bolognese). Rappresenta la popolana reggitrice del focolare domestico, vorrebbe fare la gran signora ma nasce come povera lavandaia del canale di Reno e sa distinguersi solo alle prese con tagliere e mattarello, Isabella è infatti una sfoglina modello.

Sandrone è la simpatica maschera ispirata al tipo del contadino grossolano e ignorante, ma naturalmente astuto; le sue origini sono attribuite al burattinaio modenese Luigi Campogalliani vissuto fra il ‘600 e il ‘700, anche se un antico almanacco edito a Reggio Emilia riporta notizia di un tale ‘Sandron Zigolla da Ruvalta’ facendo supporre la provenienza della maschera da quella città.

Tabarrino

Lo troviamo prima come giovane massaro, successivamente come anziano mercante arricchito. È salumiere e salsamentario. Un po’ ignorante e dai modi aspri.

Vi sono altri personaggi che vanno in scena, come Lazzarone (creato nel 2001 da Riccardo Pazzaglia) che rappresenta un quindicenne dei primi del Novecento che ha poca voglia di studiare ed è sempre pronto a fare marachelle. Ci sono, inoltre, Persuttino, Narciso, il Cavalier Cipolla, i gendarmi Ghìtarra e Spàdacc. Accanto ai protagonisti, troviamo simboli e allegorie, personaggi che incarnano figure come: la Magia (streghe, maghi, fate e spiriti possono giungere in aiuto dei protagonisti contro i malvagi, oppure mutare in ricchezza la grama vita dei poveri, possono altresì avere valenza negativa: in questi casi ostacolano con perfidia la riuscita di ogni buona azione, nell’eterna lotta tra il bene e il male. Il Diavolo, nella tradizione bolognese il personaggio a volte si sdoppia in due demoni, uno rosso e uno verde. Nelle farse classiche questi due demoni spaventano a turno Fagiolino e Sganapino. La Morte, chiamata popolarmente “Minghina“, puntualmente temuta, esorcizzata, schernita, derisa. Solo nel casotto può essere sconfitta a suon di bastonate.

Nota: Negli spettacoli si assiste spesso alle bastonate. La bastonata è azione simbolica che esorcizza, tramite i burattini, le agonie che affliggono il genere umano. I vecchi bolognesi sapevano che il loro paladini, cioè i due eroi popolari Fagiolino e Sganapino, erano sempre accompagnati dai loro “legni del mestiere” ovvero Compar Randello e Comare Scopa. I protagonisti Fagiolino e Sganapino, per sottolineare particolari momenti di sorpresa o di sconforto, durante l’azione danno anche una sacrosanta capocciata sull’asse della boccascena. Soltanto ai burattini è concesso … proprio perché loro hanno la testa di legno!

Considerato che Bologna è definita anche la “grassa”, avete notato come molti dei personaggi sono collegati a un particolare alimento o a un piatto locale?

Balanzone e Sganapino

Le avventure di Fagiolino e Sganapino

Sganapino e Fagiolino

I burattini fanno parte della nostra tradizione e se sparissero sarebbe un crimine culturale. Come scrive Riccardo, le tradizioni non sono catene per legarci, ma bellezze da conservare!

Da giugno a settembre il progetto di valorizzazione dei burattini bolognesi dell’Associazione trova spazio nella Corte d’Onore di Palazzo d’Accursio in Piazza Maggiore.

Barbara Zoli


Link esterni:

Sito web: “Burattini a Bologna”

Canale youtube: “Burattini a Bologna”

Facebook: Burattini di Riccardo e “Burattini a Bologna”

Categorie:Cinema, Teatro e Danza, Personaggi e CulturaTag:

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.